Il tema del raffrescamento si applica ovviamente con più facilità alla costruzione del nuovo, grazie anche allo sviluppo, relativamente recente, di numerose tecnologie costruttive, mentre presenta maggiori difficoltà sull’edilizia realizzata. Su quest’ultima il problema si pone con una certa rilevanza (pensate ad esempio alle periferie urbane anni ‘70-’80) e rende interessante l’elaborazione di una metodologia di approccio per valutare le potenzialità di raffrescamento naturale di un edificio esistente. Questo lavoro è stato iniziato dal nostro gruppo di studio sul raffrescamento all’interno del DAS (Dipartimento di Architettura Sostenibile dell’Ordine di Firenze) che ha completato una prima elaborazione, già in corso di stampa, a cui dobbiamo necessariamente rimandare per questioni di spazio. Un breve esempio al riguardo potrà fornire alcuni chiarimenti di massima. Il caso studio in esame riguarda un attico anni ’80 nell’immediata periferia pratese con struttura in c.a. a vista, tamponamenti in laterizio e ampia terrazza. I proprietari desideravano la sistemazione a verde di quest’ultima ma dalla discussione emergevano svariati problemi di surriscaldamento soprattutto per la camera da letto matrimoniale (la struttura nel complesso produceva perfino rumori dovuti alle forti dilatazioni termiche estive). Venivano decise, fra l’altro, le seguenti misure:
1- esterni:
2- camera matrimoniale: mancando una ventilazione incrociata si decideva di:
In questo modo si otteneva di schermare l’apporto solare, aumentare lo sfasamento dell’onda termica all’interno e creare una soluzione di ventilazione trasversale e della massa muraria. La soluzione è funzionale alla gestione e alla godibilità dell’appartamento nel tempo ma comporta per contro un costo iniziale più alto dovuto soprattutto alla realizzazione della nuova copertura ventilata.
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